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CAT-CALLING E ABILISMO

18 August 2020

Durante il lockdown, ho tenuto un workshop dal titolo “Non c’è femminismo senza lotta all’abilismo” , per la Rete Donne Transfemminista di Arcigay (1).

Studiando e preparandomi per il corso, ho strabuzzato gli occhi di fronte alla realizzazione che il femminismo non ha mai preso seriamente in considerazione le istanze delle donne con disabilità, non tenendole mai in considerazione nemmeno nel femminismo intersezionale, al contrario, ad esempio, delle donne lgbtqia+ o delle donne di colore, o di altri fattori discriminanti come la classe sociale e il capitalismo.

Eppure le donne con disabilità sono innanzitutto donne, come mai i movimenti femministi non li hanno mai considerati?

Il libro di Sara Carnovali (2) mi ha illuminata, spiegando che se le donne senza disabilità stanno lottando per rivendicare il loro diritto a non essere viste come oggetti sessuali e ad avere valore solo come madri, il sistema patriarcale ed abile-normativo ha imprigionato le donne con disabilità nello stadio ancora precedente, infantilizzandole e desessualizzandole, e trovandosi così a lottare per la sessualizzazione e la desiderabilità sessuale dei loro corpi e per vedere riconosciuto il loro valore come madri e come mogli. Questo stride con le lotte femministe dello status quo, non riuscendo (o non volendo)  trovare uno spazio per le donne con disabilità.

Un articolo in particolare mi ha colpito lo stomaco come un pugno (3).

È scritto da una donna in carrozzina, Kayla Whaley, che parla di come non si senta rappresentata dalla comunità femminista, in quanto si da per scontato che tutte le donne abbiano provato il disgusto, la paura, l’imbarazzo e la rabbia di essere trattate come oggetto sessuale per strada, attraverso il cat-calling.

“Invidiavo le mie amiche mentre parlavano di quanto faceva male essere ridotte a nient’altro che un oggetto sessuale. Odiavo il fatto che le ferisse e per lo più capivo perché si sentissero ferite. Sapevo anche che le molestie per strada aumentavano sempre più; che le donne che rifiutavano l’attenzione a volte venivano ferite fisicamente o addirittura uccise.Ma per quanto odiassi la mia gelosia, desideravo ardentemente che un fischio fosse diretto nella mia direzione. Solo una volta, volevo che un uomo mi guardasse attraverso una stanza, immaginando tutte le cose che poteva fare al mio corpo. Ho fantasticato sugli uomini che mi seguivano attraverso il campus, chiamandomi <<Hey, sexy! Perché non vieni qui un minuto, piccola?>> Perché la mia esperienza è così invisibile alla comunità femminista?
(…)Quando mi sono ritirata negli spazi femministi online – spazi apparentemente sicuri – in cerca di comunità, ho scoperto infinite discussioni sull’ubiquità delle molestie di strada. Questa era una conseguenza universale del sessismo, della misoginia e della cultura dello stupro. Era una cosa che tutte le donne potevano capire e che andava contro di loro. Questa era l’ esperienza unificante.
Ho scoperto il femminismo e ho pensato, forse non conto neanche qui.” (…)Nonostante le migliori intenzioni, il modo in cui le femministe tendono a discutere le molestie di strada come un dato di fatto rafforza le idee abiliste della femminilità, perché è un dato di fatto solo se il tuo corpo è visto dal patriarcato come un oggetto sessuale. Il mio non lo è.
Il modo in cui le femministe tendono a discutere le molestie di strada come un dato di fatto rafforza le idee abiliste della femminilità.”

Queste sono le parole che si leggono nell’articolo pubblicato da Kayla e frutto della sua esperienza diretta.
Ciò accade perché se sei una donna in carrozzina, le persone prima registrano il fatto che sei seduta su una carrozzina, e questo va ad eliminare tutto il resto. Il tuo corpo, la tua sensualità, il tuo essere. Diventi un corpo asessuato, che non ha valore, non ha valenza, non è sessualmente appetibile per il semplice fatto che hai una disabilità, oppure che usi una carrozzina o delle stampelle. Bastano questi strumenti per scatenare il bias sociale desessualizzante.

È un problema delle donne che i movimenti femministi DEVONO considerare, devono ascoltare, devono accettare. Il fatto di sentirsi sessualmente valide e validate dalla società è estremamente importante nella sfera della completezza dell’essere umano, il non sentire rigettato il proprio corpo, diventare invisibile nella società abilista e patriarcale.

Io ho sempre vissuto in una specie di limbo, da una parte conosco l’orrore e la rabbia di subire il cat-calling, dall’altra conosco l’umiliazione e il dolore lacerante di non sentire lo sguardo bramoso dei ragazzi, la bramosia sessuale che però sul tuo corpo diventa imbarazzo, e ti va diventare invisibile.

Mi ricordo bene quando avevo 14 anni, quella volta che sono andata in discoteca con le mie amiche e rimanevo seduta a guardare i ragazzi che ci provavano con loro. Mi è bastato spostarmi e sedermi su un divanetto, per avere flotte di ragazzi che si spintonavano per sedersi vicino a me e provare ad offrirmi un drink. Bastava davvero una carrozzina per diventare da indesiderabile a super-attraente? Eppure ero sempre io, il mio corpo non era cambiato.

Così come mi ricordo bene quando due settimane fa stavo facendo benzina, e due uomini hanno iniziato a fischiarmi, chiamarmi e non potevo rispondere con un “vaff** segaiolo” per la paura che potesse succedermi qualcosa di peggio, dovendo subirmi quelle orribili e viscide occhiate che ti entrano nei pori della pelle come melma.

Fanno schifo, fanno schifo entrambe le situazioni. E leggere che ci sono donne che pur di sentire riconosciuto il valore sessuale del loro corpo, vorrebbero subire il cat calling, fa un male lancinante.

Perché le capisco.

Capisco il dolore mostruoso di essere considerate asessuate e indesiderabili.

E conosco la ripugnanza disgustosa del cat-calling.

La molestia non è una questione di sesso, è una questione di potere.

Avere potere su una persona per sottometterla. Sottomissione attraverso l’ipersessualizzazione, o la desessualizzazione.

Sapete cosa succede quando una donna in carrozzina esce per strada?

Succede che le molestie le subisce, e sono aggressioni tremende, abiliste e desessualizzanti.

La gente la desessualizza, togliendole potere attraverso un processo di infantilizzazione.

Iniziando a farle domande personali, violando la sua intimità, sul perché sia in carrozzina.

 La mettono in imbarazzo chiedendo se sia stato un incidente o una malattia.

Se il suo fidanzato sia il suo accompagnatore (parlo al maschile perché mai si pensa che una donna con disabilità possa addirittura essere lesbica).

Dicendo al suo fidanzato che è una persona speciale se ha avuto il coraggio di mettersi insieme a lei.

Usando il tono di voce paternalistico che si usa con una bambina di tre anni.

Dandole pacchette sulla testa o  pizzicotti sulle guance. Toccando la carrozzina senza il suo permesso.

Infantilizzandoci, umiliandoci, sottomettendoci, mancandoci di rispetto, facendoci sparire.

Queste molestie abiliste rendono ancora più vulnerabili agli abusi sessuali (si stima che le donne con disabilità siano almeno il doppio più a rischio di subire violenze e stupri rispetto alle donne non disabili), poiché una donna con disabilità, pensando che il suo corpo non abbia valore, diventa una facile vittima per il primo carnefice che le fa qualche apprezzamento. O crede di dover essere grata se qualcuno la tocca, anche senza il suo consenso. O rimane vittima di una storia con un uomo violento, cadendo nella trappola abilista che tanto nessuno la vuole, e se abbandona la storia rimane da sola. In aggiunta, gli uomini si sentono meno colpevoli di molestare sessualmente una donna con disabilità, proprio perché vivono con il preconcetto abilista che tanto non sono donne sessuate e desiderabili, e il senso di colpa viene meno.

Questi sono problemi gravissimi, che tutte le femministe e i femminismi devono prendere in considerazione, devono ascoltare, comprendere, parlare.

Perché non voglio più sentire nessuna donna dire “mi sento invisibile alla comunità femminista, non conto niente nemmeno qui”.

Perché siamo donne con disabilità, subiamo discriminazioni multiple, e il femminismo le deve comprendere, ne deve parlare chiaramente e apertamente per essere inclusivo e diventare una risorsa preziosa.

Per poter dare una risposta, un confronto, e forse anche una soluzione, facendo la rivoluzione e buttare giù veramente l’operato discriminatorio di potere sui corpi.

Comprendendo che ci sono dei corpi che vogliono, devono essere visti, sessualizzati, apprezzati, desiderati carnalmente. E questa è una questione femminista.

(1) https://www.youtube.com/watch?v=GAUi1KlSTq0

(2) Sara Carnovali, Il corpo delle donne con disabilità. Analisi giuridica intersezionale su violenza, sessualità e diritti riproduttivi. Editore Aracne.

(3) https://theestablishment.co/nobody-catcalls-the-woman-in-the-wheelchair-82a6e4517f79/index.html

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Sofia Righetti

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@sofia_righetti
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