
24 novembre.
Mai data come questa mi ricorda quanto effimera e preziosa sia la vita.
Stupefacente ed emozionante come un fiocco di neve, ugualmente unico e prodigioso nella sua bellezza evanescente.
24 novembre 1991.
Muore Freddie Mercury, il più grande cantante e performer che l’umanità abbia mai partorito. Forse non era nemmeno umano, il suo corpo. la sua voce, le sue movenze, la sua essenza contenevano qualcosa di più grande, una stella cometa calda e grandiosa quanto la sua capacità vocale.
Un’aggettivo viene subito in mente quando si pensa a Freddie: potente.
Freddie era potente, aveva una voce potentissima, calda, che poteva emozionare ed elevare fino a confini inesplorati dell’anima. Il suo modo di muoversi sul palco, le sue mosse con le gambe erano energiche, forti ed eleganti ed aggraziate al contempo, così le movenze delle braccia, forti, muscolose e leggiadre. La statua che lo immortala in una delle sue pose più famose è così: gambe divaricate a prendere possesso e stabilità dello spazio, braccio alzato verso il cielo, sguardo inteso che guarda dall’alto il lago/il pubblico sotto di lui. Semplicemente divino nella sua magnificenza.
Fin da piccola, se avessi potuto scegliere essere un uomo, avrei voluto essere lui, muovermi come lui, avere la sua potenza e la sua grazia.
24 novembre 1991.
Freddie Mercury, stella cometa che brucia illuminando l’intero universo, si spegne nella sua casa di Londra, a 45 anni. Gli è stata diagnosticata l’AIDS, è il 1991 e ancora non ci sono cure efficaci per limitare l’effetto mortale del virus.
Due settimane prima di morire, Freddie ci regala un’ultimo video, un’ultima opera, una sorta di carezza per ricordare cosa sia davvero importante in questo tempo effimero che ci è stato dato a disposizione.
These are the days of our life, una delle canzoni più delicate, vere e struggenti che abbia mai sentito, sull’evanescenza della vita, sullo scorrere del tempo, sull’importanza di amare.
You can’t turn back the clock, you can’t turn back the tide
Ain’t that a shame?
No, l’orologio non si può portare indietro, non si può arrestare il flusso, non si può tornare ai vecchi tempi, quando le cose brutte erano davvero poche, quando il sole brillava sempre, e si era ancora giovani e pazzi, e sembrava il tempo fosse infinito.
Eh sì, è una vergogna, oltre che un peccato.
Those were the days of our lives,
The bad things in life were so few
Those days are all gone now but one thing’s still true
When I look and I find, I still love you
I still love you
Questi giorni adesso se ne sono andati, non si può tornare indietro, ma una cosa rimane vera, quando cerco e scopro che ti amo ancora. Ti amo ancora.
Guardate il video, leggetevi ed ascoltatevi il testo.
Freddie stava male, molto male, certo. Ma l’eleganza, la dolcezza e la potenza della voce, la forza delle movenze è ancora lì, è la stessa, rimanendo fermo sulle gambe semi divaricate, nella sua posa, movendo solo le braccia, usando l’intensità dello sguardo, dei gesti, delle mani, riesce a comunicare una grandezza e una dignità indescrivibile a parole.
E ogni volta, ogni 24 novembre mi ricorda che la vita passa in un lampo, molto più veloce di quanto crediamo, di quanto possiamo immaginare. E l’odio, i risentimenti, il rancore, le preoccupazioni dobbiamo lasciarli scivolare via, perché alla fine di tutto, non hanno importanza. Il tempo che ci è dato ha disposizione è troppo prezioso, troppo breve.
L’unica cosa che conta, e purtroppo spesso ce ne rendiamo conto troppo tardi, è quanto abbiamo amato, e quanto siamo ancora capaci di amare.
Grazie Freddie per ricordarmelo ogni volta.
La tua immensità è sempre qui, anche 27 anni dopo che te ne sei andato.
Grazie.
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